Homeland – Recensione 5×08/09 – All About Allison/The Litvinov Ruse

All About Allison

Da “All About Allison” non potevamo aspettarci altro se non molto più di qualcosa di Allison, e infatti siamo stati accontentati.
Un episodio molto femminile, incentrato quasi esclusivamente su Allison, Carrie e la loro amicizia, nata a Baghdad quasi dieci anni prima.
Ed è proprio in quella città polverosa e lacerata ancora dalla guerra che Homeland ci porta a conoscere più intimamente il passato delle due donne, così diverse nel loro essere agenti Cia, nel loro modo di porsi al mondo.

E posso dire che Allison non vale un miliardo di Carrie.

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In un lontanissimo 2006 Carrie è piccola. Non solo giovane, ma proprio piccola e impacciata in mezzo ai mostri. Adoro la nostra Carrie, anche con quel parruccone moro, perché è così vera, non corrotta e ho adorato ancora di più quella biondina che timidamente si faceva spazio nell’Operazione Baghdad, muovendo dei passi in un mondo che è già suo.

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E sempre in quel lontanissimo 2006 c’è anche Allison, acerba e già stanca di quella vita.
È evidente già in quel primo incontro di quanto sia evidente la contrapposizione tra le due donne, non solo per la loro femminilità, ma soprattutto per il loro modo di vivere il lavoro: se non lo si ama fino in fondo si è facilmente ricattabili.
E quindi, forse per momento di stanchezza, forse perché Allison è più dedita allo shopping che al suo incarico nella CIA, che capiamo – finalmente – perché è passata dalla parte dei Russi, diventando una loro spia: prima si è venduta e poi è stata ricattata.
Per un’amante della bella vita, dell’eleganza, di chioschetti a St. Lucia attorniata da uomini prestanti, è inevitabile essere corrotta con la promessa di un futuro su una spiaggia, con accanto Ahmed Nazari. Un futuro così, chi non lo vorrebbe? Chi non mollerebbe tutto per un sogno realizzabile?
Ma ne rimane bruciata, i Russi la ricattano e lei deve diventare una spia se non vuole finire in prigione.
Credo che Carrie non avrebbe mai ceduto alle lusinghe di Ahmed o ai ricatti dei Russi: troppo ligia al suo lavoro per dimostrarsi vulnerabile.
Bello e dovuto, in quella Bagdhad del 2006, il rimando a Brody tra i prigioni di guerra americani.
Soddisfatta di questo flashback? Sì, decisamente una buona trovata per farci conoscere il passato e per comprendere il presente.

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E in effetti ora il personaggio di Allison è molto più chiaro: anche lei è rimasta incastrata in questo meccanismo perverso che è la CIA. In un certo senso mi viene quasi da compatire Allison, perché è rimasta vittima delle sue stesse debolezze. Ma lei non mi piace per nulla, intanto perché cade nel cliché delle donne che amano i soldi, la bella vita, con poco senso del dovere e che cadono innamorate davanti al primo uomo che si dimostra interessato. E poi perché io la trovo senza coraggio, senza volontà se non quella di trovare la strada più facile facendo meno fatica.
Tutto l’opposto di Carrie che, inaspettatamente, si fida di Allison tanto da volerla incontrare a tutti i costi proprio per parlarle e confidarsi di Baghdad e di Nazari, perché se Allison deve mantenere in equilibrio un teatrino sempre più ingombrante, Carrie sta facendo proprio di tutto per distruggerglielo: di fatto la vita le ha fatte diventare due grandissime nemiche.

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L’episodio mette in risalto quanto in questa stagione di Homeland siano appunto le donne ad essere le assolute protagoniste mentre agli uomini, almeno per il momento, sono riservati ruoli marginali, che si stanno lentamente avvicinando al fulcro di tutta la stagione: Berlino e – ovviamente – Carrie.

Pensiamo per esempio a Quinn che sta inventando di tutto pur di ritrovarsi in una situazione che lo metta a rischio. Dopo che si è unito ad un gruppo di jihadaisti, solo per ucciderli tutti, si ritrova in Kosovo direzione Siria, ma è ovvio che in qualche modo doveva tornare in Germania, e infatti i terroristi decido di ritornare proprio a Berlino ma carichi di esplosivo… fa paura pensare che quello che vediamo in un telefilm potrebbe essere replicato in un mondo che è già allo sfascio.

E poi abbiamo Saul, ora disertore della patria, in fuga per chissà dove. Per un breve periodo è stato protetto dal Mossad, ma non può far altro che ritrovare Carrie, perché non solo non può che fidarsi di lei ma perché non può fare a meno di lei.

Anche in questa quinta stagione è evidente che la forza di tutta la serie sia a carico di Carrie, che ha un suo perché anche quando non fa la matta, e delle sue sfumature sempre più intense: credo sia questo l’unico vero motivo per cui, dopo cinque anni di episodi e storie al limite dell’assurdo, Homeland non stanca mai.

La Ale

The Litvinov Ruse

Homeland-5x09-Destaque-542x341“The Litvinov Ruse” è un episodio che si guarda tutto di un fiato e che, per tutta la sua visione, lascia lo spettatore con la sensazione che stia per succedere qualcosa di terribile. E, in pieno stile Homeland, succede.
La puntata si evolve seguendo due filoni narrativi completamente staccati tra loro e, arrivati a questo punto della storia, questo espediente mi sembra il meno riuscito all’interno della stagione. La sensazione che ho è quella di vedere due cose distinte, indipendenti l’una dall’altra, e se da una parte apprezzo vedere Quinn indipendentemente da Carrie, dall’altra mi viene spontaneo chiedermi quale sarà il fine ultimo di questo secondo filone narrativo. Credo che uno degli obiettivi di questa decisione era quello di dare a Quinn una sua individualità, perché nelle precedenti stagioni ha sempre avuto un ruolo subordinato a quello di Carrie. È una scelta indubbiamente giusta e doverosa, che purtroppo è stata introdotta male. Se ci avessero mostrato Quinn da solo sin dall’inizio sarei riuscita a digerire la storyline più facilmente, ma così non è stato: Quinn e Carrie si sono visti, si sono aiutati e ora entrambi sembrano essersi dimenticati dell’altro. Mi sembra un cambiamento di atteggiamento un po’ estremo per uno che si stava lasciando morire per non veder morire l’altra.
In ogni caso, Quinn attualmente non ha proprio la possibilità di preoccuparsi per Carrie. La sua storyline è in assoluto quella più attuale, che lo vede alle prese con una minaccia tangibile che rischia di costargli la vita, eppure è quella che mi lascia maggiormente perplessa.

Le vicende principali sono quelle che riguardano Allison e la sua fuga verso una safe house russa. La osserviamo destreggiarsi con sicurezza e, mentre la spiamo nella sua quotidianità attraverso le telecamere nascoste piazzate da Saul, è inevitabile avere un tuffo nel passato. Stavolta, però, non abbiamo il tempo di perderci nella quotidianità come abbiamo fatto con Brody, non abbiamo il tempo di affezionarci e di provare empatia, già sappiamo che Allison è una traditrice – eppure abbiamo il tempo di accertarci che è una traditrice a tutto tondo. L’amore, ad Homeland, è proprio una brutta bestia.
Con Allison non ci troviamo di fronte ad una fanatica convertita pronta a farsi esplodere in aria di fronte alla prima occasione buona, ma ci troviamo di fronte ad un’agente arrivista che, anche di fronte alla palese sconfitta, continua imperterrita nella sua messa in scena, rischiando di riuscire a convincere Dar Adal delle sue ragioni. Scaltra e calcolatrice, proprio come Carrie nei momenti in cui è sotto pressione, tira fuori il meglio di sé, ma basterà a salvarla? Complice il fatto che, effettivamente, i russi hanno pagato la sua alleanza con delle notizie – per permetterle di fare carriera e scalare la piramide della CIA fino a raggiungere la vetta – la copertura di Allison può reggere; dunque Dar Adal riponerà un po’ di fiducia in Carrie e Saul oppure continuerà imperterrito nella sua crociata?

Jeda

La Ale

Ragazza - sempre meno giovane ma sempre con tanta buona volontà - folgorata in piena adolescenza dal fascino di Fox Mulder. Dopo di lui, il mondo non è stato più lo stesso. Ma è solamente anni dopo, con Buffy, che si dona totalmente ai telefilm. Tra tutti quelli seguiti in anni di passione, quale si porterebbe su un'isola deserta? Sicuramente Six Feet Under, al quale è legatissima, e del quale è tutt'ora innamorata.
Convinta che niente è come sembra, cerca nelle serie appunto quello che non sembra ma è.
Alla ricerca del telefilm perfetto - ossia il giusto equilibrio tra coinvolgimento emotivo, suspence e drama -ancora non si è fermata e al motto "una giornata senza puntata e' una giornata sprecata" persegue il suo obiettivo diventato ormai ragione esistenziale.

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